pag. 25 Indice India |
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lunedi', 11 agosto |
Riprendiamo quindi la strada per la citta' di Jodhpur che ormai non e' piu' molto distante.
Il percorso e' comunque sempre interessante e pittoresco. Incontriamo ancora gruppi di pellegrini lungo la strada, diretti alle loro mete, mentre Il territorio comincia a farsi sempre piu' arido.
Arriviamo infine alla meta, e ci sistemiamo nell'albergo per la serata, semplice ma accogliente. Dal terrazzo si scorge da lontano il palazzo Umaid Bhawan che visiteremo domani.
Il mattino dopo ci inoltriamo per le vie della citta', che comunque e' meno grande di Agra o Jaipur. Ci rechiamo a visitare l'imponente palazzo Umaid Bhawan che sorge su di un altura.
Si tratta di un grande edificio in arenaria bianca e rosa, risalente agli anno trenta del ventesimo secolo. Si dice che fosse stato costruito dal maharajia locale per dare lavoro in un lungo periodo di siccita'. Facciamo un giro per i giardini e quindi visitiamo il museo che si trova all'interno.
Ripartiamo quindi in direzione dell'attrattiva principale di Jodhpur, il forte Meherangarh, visibile gia' da lontano.
Poco prima di raggiungerlo pero' facciamo una deviazione per raggiungere uno splendido edificio commemorativo dedicato al maharaja Jaswant Singh II.
Si tratta di un gruppo di edifici davvero belli tutti costruiti in marmo bianco, e per un po' ci aggiriamo nella zona che e' molto tranquilla, anche se il caldo comincia a farsi sentire e ci ripariamo ogni tanto all'ombra.
Riprendiamo quindi il nostro pulmino per percorrere le poche centinaia di metri che ci separano dal forte. Quando scendiamo fa ormai davvero un gran caldo. Il forte, che e' forse il piu' bello di tutto il Rajasthan, e' costruito su di una collina alta piu' di centro metri, seguendo la conformazione del terreno.
Dall'alto, tra l'altro, si hanno splendide vedute della citta' di Jodhpur, la citta' cosiddetta blu per il colore che hanno molte delle sue case. Per accedere si superano ben sette grandi portali; accanto all'ultimo, il Lohapol (porta di ferro), si notano le impronte di diverse decine di mani : sono il ricordo del sati, o sacrificio sulla pira funebre, delle mogli del maharaja Man Singh, morto nel 1843.
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